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[ IT  - LA ]

ENCICLICA
GRAVIBUS ECCLESIAE
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO IX

 

A tutti i Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi ed altri Ordinarii dei luoghi aventi grazia e comunione con la Sede Apostolica, e a tutti i Fedeli Cristiani.
Il Papa Pio IX. Venerabili Fratelli e diletti Figli, salute ed Apostolica Benedizione.

Mossi dalle gravi calamità della Chiesa e di questo secolo, nonché dalla necessità d’implorare l’aiuto divino, giammai omettemmo nel tempo del Nostro Pontificato di eccitare il popolo cristiano, affinché si sforzasse di placare la Maestà di Dio e di meritare la clemenza celeste con i santi costumi della vita, con le opere della penitenza e con le pie e doverose suppliche della preghiera. A questo scopo aprimmo più volte ai fedeli, con apostolica liberalità, i tesori spirituali delle indulgenze, affinché, stimolati alla vera penitenza e purgati, per il Sacramento della riconciliazione, dalle macchie dei peccati, potessero più fiduciosi appressarsi al trono della grazia, ed essere fatti degni che le loro preghiere venissero benignamente ricevute da Dio. Questo poi, come altre volte, così specialmente pensammo doversi compiere da Noi in occasione del Concilio Ecumenico Vaticano, affinché l’opera importantissima intrapresa per l’utilità della Chiesa universale, con le preghiere parimenti di tutta la Chiesa venisse accolta favorevolmente presso l’Altissimo; e quantunque rimanga sospesa, per la calamità dei tempi, la celebrazione dello stesso Concilio, tuttavia facemmo noto e dichiarammo, a beneficio del popolo fedele, che l’indulgenza da conseguirsi in forma di Giubileo, promulgata in quella occasione, rimaneva, come rimane tuttora, in tutta la sua forza, fermezza e vigore. Senonché, proseguendo ancora il corso di tristissimi tempi, incomincia già l’anno 1875 dell’era cristiana, l’anno cioè che segna quel sacro spazio di tempo, che la santa consuetudine dei Nostri Maggiori e le disposizioni dei Pontefici Nostri Predecessori consacrarono a celebrare la solennità del Giubileo universale. Con quanto rispetto e religione sia stato praticato l’anno del Giubileo, quando i tranquilli tempi della Chiesa permisero di celebrarlo con ogni solennità, lo attestano gli antichi ed i recenti monumenti della storia. Esso infatti fu sempre considerato come l’anno della salutare espiazione di tutto il popolo cristiano, come l’anno della redenzione e della grazia, della remissione e dell’indulgenza, nel quale si concorreva da tutto il mondo in quest’alma Nostra Città e Sede di Pietro, e a tutti i fedeli, eccitati ad opere di pietà, si offrivano abbondantissimi aiuti di riconciliazione e di grazia per la salute delle anime. Quale pia e santa solennità fu vista nello stesso nostro secolo, quando cioè, essendo stato indetto da Leone XII, Predecessore Nostro di felice memoria, il Giubileo nell’anno 1825, questo beneficio, fu ricevuto con tanto fervore dal popolo cristiano al punto che lo stesso Pontefice poté rallegrarsi di aver visto per tutto il corso dell’anno un ininterrotto concorso di pellegrini in questa Città, nella quale si era meravigliosamente manifestato lo splendore della religione, della pietà, della fede, dell’amore e di tutte le virtù. Oh, fosse pur tale oggi la Nostra condizione, e la condizione delle cose civili e sacre Ci permettesse di poter felicemente celebrare, secondo l’antico rito e costume, che solevano osservare i Nostri Maggiori, quella solennità del massimo Giubileo che, ricorrendo nell’anno 1850 di questo secolo, Ci fu necessario omettere per le luttuose circostanze dei tempi! Ma quelle gravi cause che allora C’impedirono d’indire il Giubileo, anziché essere oggi cessate, si sono invece, così permettendo Iddio, giornalmente accresciute.

Tuttavia, vedendo Noi i tanti mali che affliggono la Chiesa, i tanti sforzi dei suoi nemici diretti a svellere dagli animi la fede in Cristo, a corrompere la sana dottrina, e a propagare il veleno dell’empietà, i tanti scandali che si offrono ovunque ai veri credenti, la corruzione dei costumi che spaziosamente si propaga, e la turpe manomissione dei diritti divini ed umani tanto ampiamente diffusa, tanto feconda di rovine, e che tende a distruggere nell’animo degli uomini lo stesso senso del retto; considerando che in tanta colluvie di mali maggiormente Noi dobbiamo procurare, secondo il Nostro Apostolico dovere, che la fede, la religione e la pietà siano premunite e si ravvivino, che lo spirito della preghiera sia sostenuto e si accresca, che i traviati siano eccitati alla penitenza del cuore e alla emendazione dei costumi, che i peccati, i quali meritarono l’ira di Dio, siano redenti con sante operazioni, frutti tutti, al conseguimento dei quali è principalmente diretta la celebrazione del massimo Giubileo: pensammo di non dovere Noi permettere che in questa occasione il popolo cristiano fosse privato di questo salutare beneficio, secondo quella forma che è permessa dalla condizione dei tempi, affinché così confortato nello spirito cammini più alacremente nelle vie della giustizia, e purgato dalle colpe consegua più facilmente e più ubertosamente la divina propiziazione ed il perdono. Riceva dunque la Chiesa di Cristo universale e militante le Nostre voci, con le quali indiciamo, annunciamo e promulghiamo per tutto il prossimo anno 1875 l’universale e massimo Giubileo. In funzione ed in considerazione di esso sospendiamo e dichiariamo sospesa, a beneplacito Nostro e di questa Sede Apostolica, la indulgenza sopra ricordata, concessa in forma di Giubileo in occasione del Concilio Vaticano, e apriamo in tutta la sua ampiezza quel celeste tesoro che, formato dai meriti, dalle passioni e dalla virtù di Cristo Signore, e della di Lui Vergine Madre, e di tutti i Santi, venne dall’Autore dell’umana salvezza affidato alla Nostra dispensazione.

Pertanto, confidando nella misericordia di Dio e nella autorità dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, in forza di quella suprema potestà di legare e di sciogliere che Iddio volle conferita a Noi, quantunque immeritevoli, concediamo e misericordiosamente impartiamo nel Signore, a tutti e singoli i fedeli di Cristo tanto dimoranti in questa Nostra alma Città, o che saranno per venire in essa, quanto a tutti quelli esistenti fuori della detta Città, in qualunque parte del mondo, e che si trovano nella grazia e nell’obbedienza della Sede Apostolica, i quali (veramente pentiti, confessati e comunicati, una volta al giorno per quindici giorni continui, o interpolati, naturali o ecclesiastici, da computarsi cioè dai primi vespri di un giorno fino all’intero vespertino crepuscolo del giorno seguente) visiteranno i primi le Basiliche dei Santi Pietro e Paolo, di San Giovanni in Laterano e di Santa Maria Maggiore in Roma, e i secondi la loro Chiesa Cattedrale, o maggiore, e altre tre Chiese della stessa città o luogo, ovvero dei suburbi del medesimo, da designarsi dagli Ordinari dei luoghi, o dai loro Vicari, o da altri per disposizione dei medesimi, dopo che sarà venuta loro a notizia questa Nostra lettera, ed ivi innalzeranno umili preghiere al Signore per la prosperità e l’esaltazione della Chiesa Cattolica e di questa Sede Apostolica, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione di tutti gli erranti, per la pace e l’unità di tutto il Popolo Cristiano, secondo la Nostra mente, [concediamo] che una volta nell’annuo spazio di tempo sopra detto possano conseguire la pienissima indulgenza dell’anno del Giubileo, e la piena remissione e il perdono di tutti i loro peccati. Concediamo che tale indulgenza possa anche essere applicata come suffragio e valga per quelle anime che congiunte a Dio per carità partirono da questa vita.

In virtù poi della presente Nostra lettera concediamo che i naviganti ed i viaggiatori, quando avranno fatto ritorno ai loro domicilii, o saranno giunti ad una certa dimora, compiute le opere sopra prescritte, e visitata altrettante volte la Chiesa Cattedrale, o maggiore, o Parrocchiale del luogo del loro domicilio o dimora, possano e siano abili a conseguire la stessa indulgenza. Parimenti concediamo ai sopraddetti Ordinari dei luoghi che possano, secondo il prudente loro consiglio, dispensare, solamente per quanto si riferisce alle visite, le monache oblate, le fanciulle e le donne viventi nella clausura dei monasteri, o in altre case religiose o pie, e comunità, nonché gli anacoreti e gli eremiti, ed altre persone qualunque esse siano, tanto laiche che ecclesiastiche, o regolari, esistenti in carcere, o in cattività, o affette da qualche infermità del corpo, o trattenute da qualunque altro impedimento, purché siano assolutamente impossibilitate a compiere le dette visite; concediamo che i fanciulli non ancora ammessi alla prima Comunione siano dispensati dalla predetta Comunione, prescrivendo ad essi tutti e singoli, sia da loro stessi sia per mezzo dei rispettivi superiori o prelati regolari, o per mezzo di prudenti confessori, altre opere di pietà, carità e religione in luogo delle visite, o della sacramentale Comunione che dovrebbe compiersi dai medesimi. Inoltre ai Capitoli e alle Congregazioni tanto di secolari che di regolari, ai Sodalizi, alle Confraternite, alle Università che visiteranno processionalmente le nominate Chiese, concediamo che possano ridurre le prescritte visite ad un numero minore.

Inoltre, alle stesse monache e alle loro novizie concediamo che possano a questo effetto scegliersi qualunque confessore fra quelli approvati dall’attuale Ordinario del luogo ove si trovano i loro monasteri per ascoltare le confessioni delle monache; e a tutti e singoli gli altri fedeli di ambedue i sessi sia laici sia ecclesiastici, e ai regolari di qualunque Ordine, Congregazione e Istituto da doversi ancora specialmente nominare, concediamo licenza e facoltà di potersi al medesimo effetto scegliere qualunque sacerdote confessore tanto secolare, quanto regolare, di qualunque diverso Ordine e Istituto, e parimenti approvato per ascoltare le confessioni delle persone secolari dagli attuali Ordinari nelle città, diocesi e territori nei quali si dovranno ricevere le dette confessioni. Tali confessori, entro lo spazio dell’anno sopra nominato, potranno assolvere coloro che sinceramente e seriamente avranno deciso di lucrare il presente Giubileo e con questo intento compiranno le opere necessarie e si confesseranno; potranno assolverli dalla scomunica, dalla sospensione e da altre sentenze ecclesiastiche e censure comminate ed inflitte a jure vel ab homine per qualunque causa, anche se riservata agli Ordinari dei luoghi, a Noi o alla Santa Sede Apostolica, compresi i casi in modo speciale riservati a chiunque, al Sommo Pontefice, alla Sede Apostolica, e che altrimenti in qualunque concessione, quantunque ampia, non s’intenderebbero concessi; parimenti potranno i detti confessori assolvere i nominati penitenti da tutti i peccati ed eccessi, per quanto gravi ed enormi anche, come si dice, riservati agli stessi Ordinari e a Noi e alla Sede Apostolica, ancorché siano ingiunte ad essi una penitenza salutare, ed altre cose da comminarsi per diritto. Inoltre potranno commutare in altre opere pie e salutari qualunque voto, anche giurato e riservato alla Sede Apostolica (eccettuati però sempre i voti di castità, di religione e di obbligazione che sia stata accettata da un terzo, o nei quali si tratti del pregiudizio di un terzo, nonché i voti penali che chiamansi preservativi dal peccato, seppure la commutazione non si giudichi tale che non meno della prima materia del voto allontani dal commettere il peccato). Inoltre con la stessa autorità ed ampiezza della benignità apostolica concediamo e permettiamo che possano dispensare quei penitenti, anche regolari costituiti negli Ordini sacri, dall’occulta irregolarità per l’esercizio dei medesimi Ordini, e per ascendere agli altri superiori, contratta solamente per la violazione delle censure.

Non intendiamo poi, in forza della presente, dispensare da qualunque altra irregolarità, pubblica od occulta, o difetto, o nota, o da qualunque altra incapacità o inabilità in qualunque maniera contratta, o concedere una qualche facoltà di dispensare dalle medesime, o riabilitare, e restituire nello stato primiero, anche nel foro della coscienza; né ancora intendiamo derogare alla Costituzione, con le opportune dichiarazioni, emanata da Benedetto XIV, Nostro Predecessore di felice memoria, che incomincia Sacramentum Poenitentiae, dell’1 giugno 1741, anno primo del suo Pontificato. Né infine intendiamo che questa stessa Nostra lettera possa o debba giovare a quelli che da Noi e dalla Sede Apostolica, o da qualunque altro Prelato o Giudice ecclesiastico fossero stati nominativamente scomunicati, sospesi, interdetti, o dichiarati caduti in altre sentenze e censure, o pubblicamente denunziati, se entro il termine del predetto anno non avranno soddisfatto e concordato, ove occorra, con le parti.

Del resto, se alcuni con il proposito di conseguire questo Giubileo dopo aver incominciato l’adempimento delle opere prescritte, colpiti dalla morte, non potranno compiere il prestabilito numero di visite, Noi, desiderando giovare alla loro pia e pronta volontà, vogliamo che i medesimi veramente pentiti, confessati e comunicati siano partecipi della predetta indulgenza e remissione come se avessero nei prescritti giorni realmente visitato le predette Chiese.

Se alcuni poi dopo avere ottenuto, in forza della presente, le assoluzioni dalle censure o le commutazioni dei voti, o le dispense predette, muteranno quel serio e sincero proposito di lucrare questo Giubileo e perciò di compiere le opere necessarie per lucrarlo, quantunque per questo stesso possano reputarsi immuni dal reato di colpa, tuttavia decretiamo e dichiariamo persistere nel loro vigore le assoluzioni, commutazioni e dispense ottenute con la predetta disposizione.

Vogliamo ancora e decretiamo che la presente lettera sia valida ed efficace in tutto ed abbia ed ottenga i suoi pieni effetti dovunque sarà stata dagli Ordinari dei luoghi pubblicata e mandata in esecuzione, e che giovi a tutti i fedeli di Cristo persistenti nella grazia ed obbedienza della Sede Apostolica che dimorano in detti luoghi, o che ivi si porteranno dopo la navigazione ed il viaggio: nonostante le Costituzioni delle indulgenze da non concedersi ad instar e le altre Costituzioni Apostoliche, e le Costituzioni, Ordinazioni e le generali o speciali riserve di assoluzioni, concessioni e dispense edite nei Concili generali, provinciali e sinodali, nonché gli statuti, le leggi, gli usi e le consuetudini di qualunque Ordine di Mendicanti, e Militari, Congregazione e Istituto, corroborati anche da giuramento, apostolica conferma, e da qualunque altro sostegno, come ancora i privilegi, gl’indulti e le lettere apostoliche ai medesimi concesse, e quelle specialmente nelle quali è espressamente proibito che i professi di qualche Ordine, Congregazione e Istituto confessino i loro peccati fuori della propria religione. Alle quali cose tutte e singole, quantunque per la loro sufficiente derogazione, di esse e di tutto il loro tenore si dovesse fare speciale, specifica, espressa e individua menzione, e a ciò si dovesse riservare qualche speciale forma, avendo tal tenore per inserito, e tali forme per esattissimamente osservate, per questa volta e soltanto per l’effetto sopraccennato, pienamente deroghiamo come anche deroghiamo a qualunque altra cosa in contrario.

Mentre poi, per l’ufficio Apostolico che esercitiamo e per la sollecitudine con la quale dobbiamo abbracciare tutto il gregge di Cristo, proponiamo questa salutare opportunità di conseguire la remissione e la grazia, non possiamo astenerci dal pregare e scongiurare per il nome del Signor Nostro e Principe di tutti i Pastori Gesù Cristo, tutti i Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi e gli altri Ordinari dei luoghi, i Prelati, e coloro che legittimamente esercitano locale ordinaria giurisdizione in mancanza dei Vescovi e Prelati sopraddetti, aventi grazia e comunione con la Sede Apostolica, affinché annuncino un tanto bene ai popoli affidati alla loro fede, e con ogni studio s’impegnino affinché i fedeli tutti, riconciliati per la penitenza con Dio, convertano in lucro ed utilità delle loro anime la grazia del Giubileo. Pertanto sarà vostra prima cura, Venerabili Fratelli, dopo avere implorato con pubbliche preghiere la Divina Clemenza allo scopo che riempia della sua luce e della sua grazia le menti e i cuori di tutti, dirigere con opportune istruzioni e ammonizioni il popolo cristiano onde percepisca il frutto del Giubileo, e perché accuratamente intenda quali siano la forza e la natura del Giubileo cristiano per l’utilità e il vantaggio delle anime; in esso con una spirituale ragione si compiono abbondantissimamente, per la virtù di Cristo Signore, quei beni che una vecchia legge aveva introdotto presso il popolo giudaico, annunciatrice delle cose future ogni cinquant’anni. Ciò, affinché il popolo sia anche sufficientemente istruito intorno alla forza delle Indulgenze e su tutte quelle cose che deve compiere per la fruttuosa confessione dei peccati, e per ricevere santamente il Sacramento dell’Eucaristia. Poiché, poi, non solo l’esempio, ma è assolutamente necessaria l’opera del ministero ecclesiastico onde si abbiano nel popolo i frutti della desiderata santificazione, non omettete, Venerabili Fratelli, di eccitare lo zelo dei vostri sacerdoti perché specialmente in questo tempo di salute vogliano alacremente esercitare il loro ministero: al che, e per il bene comune, conferirà certo molto, ove questo possa farsi, se essi precedendo il popolo cristiano con l’esempio della pietà e della religione vorranno per mezzo degli esercizi spirituali rinnovare lo spirito della loro santa vocazione, affinché poi s’impieghino più utilmente e più salutevolmente nel disimpegno dei propri uffici e nelle sacre Missioni da espletare presso i popoli secondo l’ordine ed il metodo da voi prescritto.

Siccome poi tanti sono in questo secolo i mali che hanno bisogno di essere riparati, e i beni che abbisognano d’essere promossi, brandendo la spada dello spirito, che è la parola di Dio, ponete ogni cura perché il vostro popolo venga indotto a detestare l’immane delitto della bestemmia, secondo il quale in questo tempo nulla è così sacro da meritare rispetto, e perché conosca ed adempia i suoi doveri nell’osservare santamente i giorni festivi, nel rispettare le leggi del digiuno e dell’astinenza da osservarsi secondo il prescritto della Chiesa di Dio, e così evitare quelle pene che il disprezzo di tali cose ha chiamato sulla terra.

Parimenti il vostro studio e il vostro zelo veglino costantemente nel mantenere la disciplina del clero, e nel procurare la retta formazione dei chierici; con ogni maniera possibile recate aiuto alla assediata gioventù, la quale si trova esposta a tanti pericoli e a tante gravi rovine quali voi certamente non ignorate. Questo genere di male fu così acerbo al cuore dello stesso Redentore Divino da fargli proferire contro gli autori del medesimo quelle parole: “Chiunque avrà scandalizzato uno di questi fanciulli che hanno fede in me, meglio sarebbe per lui che gli fosse circondato il collo con una mole asinaria, e fosse gettato nel mare” (Mc 9,41).

Niente poi è più degno del tempo del sacro Giubileo quanto esercitarsi indefessamente in ogni opera di carità; sarà perciò anche ufficio del vostro zelo, Venerabili Fratelli, aggiungere stimoli, perché siano aiutati i poveri, i peccati siano redenti con le elemosine, alle quali nelle Sante Scritture si attribuiscono tanti benefici: e perché più ampiamente rimanga il frutto della carità, e riesca più stabile, sarà molto opportuno che i sussidi della carità siano diretti a fomentare o eccitare quei pii Istituti che sono stimati in questo tempo più idonei alla utilità delle anime e dei corpi. Se per conseguire questi beni, si uniranno le vostre menti ed i vostri sforzi, non potrà mancare che il regno di Cristo e la sua giustizia ricevano grandi incrementi, e che in questo tempo favorevole e in questi giorni di salute la celeste clemenza non diffonda sopra i figli dell’amore grande quantità di doni superni.

A voi infine, Figli tutti della Chiesa cattolica, rivolgiamo il Nostro discorso; e voi tutti e singoli esortiamo con paterno affetto perché così vi serviate di questa occasione di Giubileo per conseguire il perdono, come da voi richiede il severo studio della vostra salvezza. Se lo è sempre, ora poi è necessarissimo, Figli dilettissimi, mondare la coscienza dalle opere morte, offrire i sacrifici di giustizia, fare frutti degni della penitenza, e seminare nelle lacrime per mietere nell’esultanza. La divina Maestà a sufficienza ci fa noto cosa ricerchi da noi, mentre già da gran tempo per la nostra pravità ci affatichiamo sotto le sue minacce e sotto l’ispirazione dello spirito dell’ira sua. In verità “gli uomini sono soliti ogni volta in cui patiscono una troppo ardua necessità, mandare dei legati alle genti vicine per riportarne un soccorso. Noi, ciò che è meglio, destiniamo una delegazione allo stesso Dio”; da Lui imploriamo gli aiuti, a Lui rivolgiamoci col cuore, con le orazioni, con i digiuni e con le elemosine. Infatti, “quanto più saremo vicini a Dio, tanto più lontani da noi saranno respinti i nostri avversari” [San Massimo Torin., Hom. XCI]. Ma poiché siamo Noi i legati di Cristo, voi ascoltate principalmente la voce apostolica: voi che siete travagliati e preoccupati; allontanandovi dalla strada della salvezza rimanete oppressi dal giogo delle prave cupidigie e della diabolica servitù. Non vogliate disprezzare le ricchezze della bontà, della pazienza e della longanimità di Dio; e mentre vi si apre davanti una via così facile ed ampia per conseguire il perdono, non vogliate per la vostra contumacia rendervi inescusabili presso il Divino Giudice, e accumulare su di voi l’ira nel giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio. Ritornate pertanto, o peccatori, al cuore; riconciliatevi con Dio; il mondo passa, e con esso la sua concupiscenza; rigettate le opere delle tenebre, indossate le armi della luce, cessate di essere nemici delle anime vostre, onde meritare finalmente la pace in questo secolo, e nell’altro i premi eterni dei giusti. Questi sono i Nostri voti; queste cose non cesseremo di chiedere al clementissimo Signore, e questi stessi beni, congiunti a Noi tutti i figli della Chiesa Cattolica in una società di preghiere, confidiamo potere abbondantemente conseguire dal Padre delle Misericordie.

Frattanto per il fausto e salutare frutto di questa santa opera sia auspice di ogni grazia, e di ogni celeste dono, l’Apostolica Benedizione che a voi tutti, Venerabili Fratelli, e a voi, diletti Figli, quanti siete annoverati nella Chiesa Cattolica, dall’intimo del Nostro cuore affettuosamente concediamo nel Signore.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 24 dicembre 1874, anno ventinovesimo del Nostro Pontificato.

 



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