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BOLLA
DEL SOMMO PONTEFICE
LEONE XII

QUOD HOC INEUNTE

 

Il Vescovo Leone, servo dei servi di Dio.

A tutti i Fedeli di Cristo che leggeranno questa lettera, salute e Apostolica Benedizione.

1. Dalla misericordia del Signore è concesso alla Nostra pochezza di comunicarvi con gioia che ormai siamo vicini a compiere felicemente, secondo l’usanza e le regole dei nostri vecchi, ciò che purtroppo non si è potuto fare all’inizio di questo secolo per la terribile durezza dei tempi.

Si avvicina cioè quell’anno fausto e da venerare con somma devozione, durante il quale da tutto il mondo si accorre a questa Nostra alma Urbe e alla Sede di San Pietro e si offrono a tutti i fedeli, sospinti ai doveri della pietà, i più abbondanti mezzi di riconciliazione e di grazia per la salvezza delle anime. In questo anno che giustamente chiamiamo tempo grato e salvifico, Ci compiacciamo che Ci sia data la straordinaria opportunità di procurare, con la salutare purificazione di tutto il popolo cristiano, un generale rinnovamento in Cristo, dopo il miserando cumulo di mali che ci afflisse. In nome dell’autorità che Ci fu divinamente affidata, abbiamo dunque decretato di rendere accessibile a tutti quel celeste tesoro che, formato dai meriti, dalle sofferenze e dalle virtù di nostro Signore Gesù Cristo, della Sua Vergine Madre e di tutti i Santi, fu a Noi affidato dall’Autore stesso dell’umana salvezza perché lo dispensiamo. A questo riguardo, si addice a Noi esaltare le inesauribili ricchezze della divina clemenza, con le quali Cristo, precedendo Noi, volle diffondere nelle membra del suo corpo mistico la forza infinita dei suoi meriti e la dolcezza delle sue benedizioni, in modo che tali membra, anche con l’aiuto reciproco e con la convergenza di salutari vantaggi, traggano giovamento dall’unità della fede che si manifesta attraverso la carità, e possano anche lucrare (al prezzo immenso del sangue del Signore e per causa e virtù di questi e per i meriti e l’intercessione dei Santi) la remissione della pena temporale che, come insegnano i padri del Concilio di Trento, non è sempre completamente riscattata dal Sacramento della Penitenza, come invece avviene nel Battesimo.

2. La terra ascolti dunque le Nostre parole e il mondo intero accolga esultando gli squilli della tromba sacerdotale che annunciano il Sacro Giubileo al popolo di Dio. Annunciamo l’avvento dell’anno di espiazione, di perdono, di redenzione, di grazia, di remissione e di indulgenza, in cui per merito di Colui che si è fatto grazia e verità per noi, si rinnova in modo più santo, nell’accumulo di beni spirituali, ciò che già presso il popolo ebraico un’antica legge, presaga del futuro, aveva disposto allo scadere dei cinquant’anni. Mentre allora, in quell’anno, si reclamavano le proprietà vendute e i beni trasferiti ad altri, ora invece acquistiamo, per la infinita generosità divina, le virtù, i meriti e i doni di cui ci spogliammo peccando. Mentre allora decadevano i diritti sugli schiavi, oggi invece, scosso l’amaro giogo della tirannide diabolica, siamo restituiti alla libertà dei figli di Dio, alla libertà che Cristo ci ha donato. Mentre infine si rimettevano allora, per legge, i debiti di danaro e si liberavano i debitori da ogni obbligo, ora Noi, per divina misericordia, siamo prosciolti dal più pesante debito dei peccati e siamo sottratti al castigo dovuto per essi.

3. Affrettando dunque coi Nostri voti tanti benefici per le anime, e implorando fiduciosi Dio che nella sua profonda misericordia elargisce tutti i beni, indiciamo e promulghiamo il solenne Giubileo universale in questa Nostra sacra Urbe, dal vespro della vigilia del prossimo Natale del santissimo Salvatore Nostro Signore Gesù Cristo, per tutta la durata dell’anno 1825; ciò secondo la consuetudine del passato e come esigono le pie istituzioni dei Romani Pontefici Nostri Predecessori, di cui seguiamole orme, e col consenso dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, con l’autorità di Dio Onnipotente, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra: a gloria di Dio, a esaltazione della Chiesa cattolica e a santificazione di tutto il popolo cristiano. Perciò durante l’anno del Giubileo concediamo e impartiamo benevolmente, nel nome del Signore, indulgenza plenaria, remissione e perdono di tutti i peccati a tutti i fedeli di Cristo di entrambi i sessi che, sinceramente pentiti, confessati e rinnovati dalla Santa Comunione, visiteranno devotamente le Basiliche di San Pietro, di San Giovanni in Laterano e di Santa Maria Maggiore almeno una volta al giorno per trenta giorni consecutivi o alterni, tanto naturali che ecclesiastici, cioè computati dall’inizio del vespro fino a tutto il crepuscolo del giorno successivo, se sono romani o abitanti in Roma; se sono pellegrini o forestieri, visiteranno per quindici giorni tali Basiliche e ivi innalzeranno pie preci al Signore per l’esaltazione della Chiesa, per l’estirpazione dell’eresia, per la concordia dei principi cattolici e per la salvezza e la pace di tutto il popolo cristiano.

4. E poiché può succedere che alcuni fra quelli che avranno a questo fine affrontato il viaggio per Roma, o vi si saranno recati, si ammalino sia durante il viaggio, sia in Roma, o siano impediti da altra causa di forza maggiore, o muoiano senza aver compiuto il prescritto numero di giornate, o forse prima di averlo cominciato, e perciò non possano seguire le prescrizioni, Noi per quanto possiamo nel nome del Signore, desiderosi di assecondare benevolmente la loro pia e palese volontà purché pentiti, confessati e rinnovati dalla santa Comunione, vogliamo che siano partecipi della predetta indulgenza e della remissione dei peccati, come se avessero realmente visitato le dette Basiliche nei giorni da Noi prescritti; così che per dono dello Spirito Santo possano realizzare il loro desiderio anche se impediti dalle su accennate difficoltà.

5. Tali disposizioni, o figli, vi annunciamo con paterno affetto in modo che voi che soffrite e siete impediti, accorriate dove sapete di trovare conforto. Infatti non è lecito essere pigri e inerti nel cercare quei beni salutari che la santissima e indulgentissima Madre Chiesa trae dagli eterni tesori della grazia divina, quando con tanto affanno ci si sforza di accumulare ricchezze terrene che il tarlo rode e la ruggine consuma. E poiché fin dai tempi più antichi fu sempre enorme e continuo il concorso di persone di ogni ordine che, incuranti del viaggio lungo e accidentato, arrivano da tutto l’orbe terracqueo, per quanto è grande, per visitare questa sovrana dimora delle arti che per la magnificenza degli edifici, per la maestà dei luoghi, per la bellezza dei monumenti splende ai loro occhi come un prodigio, sarebbe davvero una vergogna troppo contraria alla ricerca della eterna beatitudine rinunciare al pellegrinaggio a Roma o perché le strade sono insicure, o per motivi di economia, o per altre simili ragioni. C’è sicuramente, diletti figli, qualcosa che pienamente vi risarcisce dei più gravi disagi: anzi, le sofferenze cui forse andrete incontro non saranno certo proporzionate al carico di gloria futura che con l’aiuto divino otterrete dai tanti soccorsi che qui si offrono per il bene delle anime. Voi ne trarrete abbondanti frutti di penitenza, per i quali offrirete a Dio la mortificazione del corpo attraverso atti auto-punitivi ed eseguirete le opere conformi alle leggi delle indulgenze; potrete aggiungere tale nuovo cumulo di beni alla intrapresa e costante volontà di espiare e di allontanare i peccati.

6. Armati di coraggio, venite dunque a questa Santa Gerusalemme, a questa regale città sacerdotale che, divenuta capitale del mondo in quanto sacra sede del Beato Pietro, ha un potere più vasto come centro della Religione divina che come dominazione terrena. «È questa la città, diceva San Carlo esortando il suo popolo ad affrontare il viaggio per Roma per l’Anno Santo, questa è la città ove il suolo, le mura, i monumenti, le Chiese, i sepolcri dei martiri e ogni altro aspetto che si offre allo sguardo, ispirano negli animi il sentimento del sacro, come sperimentano e provano coloro che visitano questi luoghi sacri con adeguata disposizione di spirito». Pensate infatti quanto concorra ad infiammare la fede e la carità negli animi dei visitatori l’aggirarsi per questi luoghi antichi, ai quali è mirabilmente affidatala maestà della Religione; far rivivere nell’immaginazione tante migliaia di martiri che consacrarono questa terra con il loro sangue; entrare nelle basiliche, osservare i sacri epitaffi, venerare le reliquie. E poiché splende il cielo, come diceva il santo Giovanni Crisostomo, quando il sole invia i suoi raggi, così splende Roma per quelle due fulgidissime luci, Pietro e Paolo, che si diffondono per tutto il mondo. Chi mai potrà accostarsi alle loro testimonianze, prostrarsi sul loro sepolcro e baciare quelle catene più preziose dell’oro e delle gemme, se non pervaso dalla più intensa devozione? Chi potrà trattenere le lacrime vedendo la culla di Cristo, ripensando al bambino Gesù che vagisce nel presepio, o adorando i sacri strumenti della passione del Signore o meditando sul Redentore del mondo appeso alla croce?

7. In verità, queste sacre testimonianze della nostra Religione, raccolte per straordinaria generosità della Divina Provvidenza in questa sola città, sono i pegni più cari dell’amore per cui Dio predilige le porte di Sion più che tutti i tabernacoli di Giacobbe, e vi invitano affettuosamente tutti, diletti figli, a salire senza esitazione sul monte nel quale al Signore è piaciuto abitare.

8. A questo punto, la Nostra paterna sollecitudine esige che Ci rivolgiamo in modo particolare a tutti gli ordini di questa nobile città, per ricordare che a loro saranno rivolti gli sguardi dei fedeli che qui accorreranno da ogni parte del mondo; perciò in essi tutto deve suggerire gravità, moderazione, decenza cristiana, in modo che dai loro costumi gli altri traggano esempio di pudore, di innocenza, e di ogni altra virtù. Da questo popolo eletto, presso il quale il Príncipe dei pastori volle collocare la Cattedra del Beatissimo Pietro, imparino gli altri a rispettare la Chiesa Cattolica e l’autorità della Chiesa, a osservare i suoi precetti, a tributare sempre un sincero ossequio alle cose e alle persone ecclesiastiche. Fiorisca nel popolo la dovuta riverenza verso la Chiesa, in modo che i forestieri non possano scorgere nulla che possa significare disprezzo per il culto e per lo stesso luogo, nulla che possa offendere gli animi onesti e puri, immuni da simulato pudore; sia anzi per essi motivo di ammirazione la severa e santa disciplina con cui ciascuno, con la compostezza esteriore, dimostra di essere presente ai riti divini non solo con il corpo ma anche con la mente e con la devota disposizione del cuore. Circa i giorni festivi, insistiamo perché nella santa città non appaiano dedicati a frequenti gozzoviglie e svaghi, a piaceri e dissolutezze sfrenate, proprio quei giorni santi che sono assegnati alle sacre funzioni e alla venerazione di Dio e dei Santi.

Infine risplenda nel popolo romano ogni pregio di verità, di pudore, di rettitudine, di santità, di cordialità, di buona reputazione, affinché ci gratifichi quella gloria di fede e di pietà che fu portata ad esempio dallo stesso Apostolo Paolo e che il popolo romano ha ereditato dai suoi antenati come il bene più grande, immune da ogni macchia ma anzi resa più luminosa da opere degne e nobili costumi.

9. Noi siamo confortati dalla speranza che ciascuno andrà a gara nell’ottenere i migliori carismi e che le pecore del gregge divino accorreranno tra le braccia del Pastore, in quella ordinata schiera il cui vessillo è la carità. «Volgi dunque i tuoi occhi intorno, o Gerusalemme, e osserva: i figli tuoi verranno da lontano e il tuo cuore sarà gonfio di meraviglia... Voglia il cielo che a te vengano chini i figli di color oche ti umiliarono, e che coloro che adesso ti screditano, adorino le orme dei tuoi piedi!...».

Ci rivolgiamo a voi con tutto l’affetto del Nostro apostolico cuore, a voi che fino ad ora siete lontani dalla vera Chiesa di Cristo, dal sentiero della salvezza, e che compiangiamo. Tocca a voi recare all’amoroso padre quell’unico bene che manca in questa comune esultanza: chiamati cioè alla meravigliosa luce per ispirazione dello Spirito supremo, e sciolto ogni laccio che vi divide dalla Chiesa, unitevi sinceramente ad essa che è madre e maestra di tutti, e fuori della quale non c’è salvezza. Noi, dilatando il Nostro cuore, vi abbracceremo con paterna gioia e benediremo il Dio di ogni consolazione che Ci avrà colmato delle ricchezze della sua misericordia nel solenne trionfo della verità cattolica.

10. Ma Voi, Venerabili Fratelli, Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi, collaborate con questo Nostro impegno e con questo Nostro obiettivo: convocate l’adunanza, riunite il popolo perché i figli vostri siano indotti a ricevere quei doni che il Padre delle misericordie affidò all’umile Nostro ministero perché fossero distribuiti tra i figli diletti. Ricordino che sono brevi i giorni del nostro pellegrinaggio terreno e che è sconosciuta l’ora in cui verrà il Padre di famiglia; perciò occorre vegliare e recare in mano le lampade accese piene dell’olio della carità, per andare incontro, solleciti e lieti, al Signore che viene. Sia compito vostro chiarire esattamente quali siano la forza e gli effetti delle indulgenze, quale beneficio se ne ritragga con la remissione, dovuta alla grazia divina, non solo della pena canonica, ma anche di quella temporale dovuta alla giustizia divina per i nostri peccati; e infine quale aiuto pervenga dal tesoro celeste, formato dai meriti di Cristo e dei Santi, a coloro che morirono veramente pentiti nella carità di Dio, prima di poter soddisfare, con adeguati frutti di penitenza, i peccati compiuti in opere ed omissioni: le loro anime stanno ancora espiando nel fuoco del purgatorio, perché poi si apra loro l’ingresso nella patria eterna in cui nulla entra d’impuro.

Vigilate, Venerabili Fratelli: certuni infatti hanno raggiunto un sapere che non proviene da Dio e perciò, avvolgendosi in velli di agnello e simulando spesso l’apparenza della più pura pietà, disseminano tra i popoli perverse dottrine. Ora dunque insegnate al gregge quali verità deve rispettare, in quali atti di pietà e di carità deve impegnarsi, con quale diligenza, con quale senso di pentimento deve giudicare se stesso e la propria vita, e respingere quanto di corrotto vi sia nei costumi, al fine di conseguire il genuino frutto della sacra indulgenza.

11. Inoltre, Venerabili Fratelli, dovete soprattutto fare in modo che coloro i quali, tra il vostro gregge, hanno deciso di mettersi in viaggio, lo intraprendano religiosamente; evitino perciò lungo il cammino tutto ciò che può turbare il loro santo zelo e distoglierli dal pio proposito; e si dedichino piuttosto a quelle opere che meglio possono ravvivare e sollecitare la loro devozione. E se per motivi personali o ambientali vi sarà agevole venire a questa rocca della Religione e con la vostra presenza si accrescerà lo splendore di questa celebrazione, parteciperete alle grandi ricchezze della misericordia divina: riportandole, come preziose merci, le diffonderete gioiosamente tra il vostro Popolo.

12. Non dubitiamo poi che i carissimi Principi cattolici, Nostri figli in Cristo, Ci asseconderanno, in una circostanza così solenne, con la loro sovrana autorità, perché questi provvedimenti rivolti alla salvezza delle anime raggiungano lo scopo desiderato. Noi perciò chiediamo e li esortiamo (considerando lo zelo e l’impegno che dedicano a vantaggio della Religione) di favorire la solerzia dei venerabili fratelli Vescovi, di sostenere al meglio la loro attività e di emanare quelle disposizioni che possano rendere più sicure le strade ai viandanti e aperta l’ospitalità, in modo che nei loro domini i pellegrini non abbiano a subire alcuna ingiuria mentre compiono un sacro dovere. Certamente ad essi non sfugge quale sorta di cospirazione sia stata compiuta ovunque, tesa a scardinare i sacri diritti della Religione e dello Stato, e quali portenti operò il Signore quando, stendendo la sua mano, umiliò l’arroganza dei forti. Considerino dunque che si devono rendere perenni grazie al Signore dei potenti che ha concesso la vittoria, ma che anche, con umili e frequenti preghiere, si deve invocare il soccorso della divina misericordia affinché, clemente verso di Noi, conduca a termine l’opera iniziata, dato che ancora serpeggia come un cancro la nequizia degli empi. Noi invero, quando decretammo la celebrazione del Giubileo, abbiamo tenuto presente soprattutto questo scopo, ben sapendo quale sacrificio di lode debba offrire a Dio il generale consenso del popolo cristiano per ottenere quei doni celesti di cui riveliamo tutta la ricchezza. A questo fine aspirino anche i Principi cattolici e, nella loro magnanimità, proteggano questa santissima impresa con vivo impegno e con assidua vigilanza. Sapranno infatti per esperienza che soprattutto in questo modo attireranno su di sé la divina misericordia e che perciò agiranno a supporto della loro stessa autorità qualunque cosa facciano per la integrità della Religione e per favorire la pietà, così che, estirpato ogni seme di vizio, prenda vigore la lieta messe delle virtù.

13. Ma perché tutto si compia secondo i Nostri voti, invochiamo le vostre preci rivolte a Dio, o figli che appartenete all’ovile di Cristo; siamo infatti fiduciosi che con i voti e le suppliche comuni in favore della Fede Cattolica, del ritorno alla verità degli erranti, e della prosperità dei Principi, voi soccorrerete efficacemente la Nostra debolezza nel sostenere il difficile incarico.

14. Affinché la presente lettera venga più facilmente a conoscenza di tutti i fedeli ovunque si trovino, vogliamo che alle copie di questa, anche stampate, e sottoscritte per mano di un pubblico notaio e munite del sigillo di persona investita di dignità ecclesiastica, si conceda lo stesso credito che si darebbe a questa presente, se fosse esibita o mostrata.

15. Non sia assolutamente consentito ad alcuno né di violare né di contestare questa pagina della Nostra indizione, promulgazione, concessione, esortazione, preghiera e volontà. Se taluno osasse compiere un simile tentativo, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei Beati Pietro e Paolo, suoi Apostoli.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 24 maggio dell’anno 1824, dell’Incarnazione del Signore, anno primo del Nostro Pontificato.

 



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