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EPISTOLA
DEL SOMMO PONTEFICE
GREGORIO XVI

INTER GRAVISSIMAS

 

 

Ai Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi del Granducato dell’Etruria.

Il Papa Gregorio XVI. 
Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

Fra le gravissime afflizioni dell’animo dalle quali siamo continuamente rattristati fin dall’inizio del Nostro Pontificato, piangiamo per la guerra che vediamo combattuta, platealmente e impudentemente, per distruggere, se fosse possibile, la religione cattolica, aggredendola subdolamente da ogni parte. Ci rende particolarmente preoccupati tutto ciò che finora e senza tregua è stato compiuto contro i diritti della Chiesa e la libertà dell’autorità religiosa, con molteplici pretesti, in nome dell’autorità civile, con scandalo dei buoni. Avevamo scritto altre lettere sia a tutti voi, sia ad alcuni di voi, su questa materia, ed in verità speravamo che l’arciduca d’Austria e granduca dell’Etruria, Leopoldo, Nostro carissimo figlio in Cristo, sollecitato dalle vostre e dalle Nostre precedenti e reiterate proteste, avrebbe adottato per sua religiosità quelle decisioni che si addicono assolutamente al dovere di un Principe cattolico; al quale evidentemente non solo non compete assolutamente assumersi autorità nelle vicende religiose, ma piuttosto proteggere i responsabili della Chiesa nel libero governo di esse, sulla via indicata dai canoni.

Ma è accaduto il contrario, Venerabili Fratelli; infatti oltre a quel che sappiamo che costì è stato disposto fino ad ora a danno dell’autorità religiosa, ripristinando ed inserendo nuovamente norme di ordinamenti precedenti ed in parte anche obsoleti, recentemente è giunta nelle Nostre mani una lettera circolare (inviata a tutti voi il 15 marzo di quest’anno, per ordine del segretario del Principe cosiddetto «di diritto regio») il cui argomento è di tenore tale che né a voi né a Noi stessi sarebbe lecito astenersi dalle più sentite rimostranze a proposito del violato diritto della Chiesa.

In quella circolare si parla infatti della predicazione della parola di Dio dentro i confini del Granducato, vietata con tanta determinazione ai sacerdoti stranieri che addirittura a voi è proibito invitarli ad un compito tanto rilevante e sacro. Tutti colgono quanto ciò contrasti con i diritti della Chiesa e con la libertà di evangelizzare i popoli.

Da ciò deriva (ed è davvero stupefacente) che mentre nelle altre materie, comprese quelle che da ogni parte vengono diffuse per fare vacillare la fede e dileggiare in qualunque modo la religione cattolica, è incrementata la mutua comunicazione fra tutti gli Stati e le società, contemporaneamente nel Granducato sono esclusi da questa libertà d’espressione i nunzi del Vangelo e gli insegnanti di morale cristiana provenienti da qualunque altro Stato, e vengono conseguentemente frapposti nuovi, offensivi impedimenti al vostro zelo pastorale ed alla vostra autorità, cosicché non potete valervi del loro intervento per la salvezza dei greggi a voi affidati.

Voi sapete bene, Venerabili Fratelli, e non lo ignorano i fedeli, che nel diritto religioso, del quale dispongono i Prelati fin dall’istituzione della Chiesa di Cristo, l’ufficio della predicazione evangelica è il principale [Conc. Trid., sess. V, c. 2, De Ref., et sess. XXIV, cap. 4, De Ref. (cf. 1Cor 1,17); grazie ad esso con l’aiuto di Dio, gl’infedeli vengono chiamati all’ovile di Cristo ed avviati al sacramento della fede, i fedeli sono nutriti nella stessa fede, e gli uni e gli altri vengono resi edotti delle volontà di Dio e vengono sollecitati a realizzarle. Così Cristo Signore non solo ha confermato con moltissime testimonianze la pienezza e la forza suprema di tutto il potere religioso conferito a Pietro e agli altri apostoli (Mt 16,19; 18,18; Lc 22,32; Gv 20,21-23; 21,15-17); ma egli stesso volle che fosse evidenziato il diritto di predicare le sue disposizioni e la dottrina con particolare linguaggio, il che è fondamentale nella missione apostolica. Disse infatti «A me è attribuito ogni potere in cielo e in terra; andate, dunque, insegnate a tutte le genti, battezzandole... ed insegnando loro a rispettare tutto ciò che io vi ho ordinato; ed ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli» (Mt 18,19-20)..] (cf. 

In verità, così come recherebbe grave offesa al Principe chiunque tentasse di ridurre il potere assegnato dal Principe stesso ai suoi incaricati in materia civile, allo stesso modo non c’è dubbio che andrebbe direttamente contro l’autorità di Cristo chi cercasse di coartare in qualunque materia, e particolarmente nei diritti fondamentali, l’autorità conferita alla Chiesa da Cristo, «Signore dei signori e Re dei re» (Ap 18,14).

Per quanto poi attiene specificamente ai predicatori stranieri, certo gli apostoli furono tali in tutte le nazioni ad eccezione della Giudea, ed in ogni epoca successiva la diffusione della vera fede è stata sviluppata nello stesso modo, ed anche ora avviene soprattutto per mezzo dell’opera dei sacerdoti stranieri; il loro impegno fra le popolazioni anche cattoliche è stato ed è utilissimo. Una sola infatti è la vigna del Signore Sabaoth, uno il campo evangelico, che abbraccia tutta la Chiesa, non circoscritto o limitato dai confini dei regni e delle nazioni; esso deve essere perciò aperto a tutti gli operai evangelici che i Pastori della Chiesa avranno ritenuti idonei per erudire i popoli nella fede e per riportare alla penitenza gli uomini scellerati; a tutti gli operai che i Pastori avranno deciso di chiamare ed inviare nel nome del Signore per coltivare la vigna. La religione cristiana non si sarebbe propagata per tutto il mondo, e avrebbe registrato un rilevante danno, se gli araldi della parola di Dio si fossero dovuti e si dovessero trattenere ciascuno entro i confini della propria gente.

Codesto pio Granduca certamente non aveva questo obiettivo; ma è vostro compito, Venerabili Fratelli, scongiurare sua altezza imperiale e regia, a nome vostro e Nostro, affinché riconsideri seriamente quanto sia dissonante e lontano dalla religiosità di Principe cattolico impedire, per così dire, nella propria giurisdizione la parola di Dio e frapporre ostacoli ai pastori sacri, che per sua decisione non possono liberamente operare per la salvezza delle anime.

Inoltre, affinché nessuno possa accusare codeste vostre proteste di non essere in linea con l’ossequio dovuto al Principe, vogliamo raccomandarvi con ogni scrupolo di comportarvi sempre con tanta prudenza, affinché lo stesso eccellentissimo comprenda che nelle materie pertinenti al diritto civile niente è più radicato in ciascuno di voi che portare rispetto alla sua suprema autorità ed inculcare con il massimo impegno nel gregge cristiano che non è lecito mai, con alcun pretesto, trascurare la fedeltà e l’obbedienza che lega alla sua regia eccellenza, «non solo per la vendetta ma anche per la coscienza» (Rm 13,5); invece, negli affari religiosi è vostro assoluto dovere attenervi agli esempi dei predecessori [Osius Cordubensis Epist. ad Const. apud S. Athanasium, et Athanasius ipse in Historia Arianorum ad Monachos, n. 441] e conservare intatti ed incontaminati la libertà del potere religioso ed i diritti della Chiesa, secondo le disposizioni di Dio e dei sacri canoni [Vide Tridentinum, sess. 25, cap. 20, De Reform].

Nel frattempo non smettiamo, Venerabili Fratelli, di offrire umilmente preghiere e suppliche a Dio onnipotente, nelle cui mani sono i cuori dei re, affinché guardi benignamente la causa della Sua Chiesa, e conduca all’esito desiderato i Nostri e Vostri sforzi in sua difesa.

Infine, accogliete come testimonianza della Nostra grande benevolenza nei vostri confronti la Benedizione Apostolica, che dal profondo del cuore impartiamo amorevolmente a voi, Venerabili Fratelli, ed alle pecore affidate alla vostra fede.

Dato a Roma, presso San Pietro. il 28 giugno 1845, anno quindicesimo del Nostro Pontificato.



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